Gli incentivi illeciti dello stato italiano
all'energia prodotta con gli inceneritori

I processi di smaltimento tramite combustione di rifiuto urbano, residuo di raffinazione e scarto industriale, sono stati e sono ancora massicciamente incentivati dallo stato italiano nonostante il divieto imposto dalla legge europea (Direttiva 2001/77). L’obiettivo della Direttiva, infatti, è quello di incentivare esclusivamente l’uso delle fonti realmente rinnovabili. La mancata osservanza della norma  determina il rischio di ulteriori costi derivanti dall'applicazione delle prevedibili sanzioni.

Un incentivo all'inquinamento

Preziose risorse da dedicare alle vere fonti rinnovabili, pagate da tutti i cittadini sull'importo della bolletta ENEL  (oltre il 7%), dal 1992 sono state invece illecitamente dirottate a petrolieri e inceneritoristi. La privatizzazione degli utili e la socializzazione delle perdite in Italia assume proporzioni inquietanti: non ci riferiamo esclusivamente al danno economico, ma soprattutto a quello sanitario e ambientale. L'incidenza dei tumori infantili cresce in Italia ad un ritmo annuo del 2%, un valore doppio rispetto al resto d'Europa. Per i bambini compresi tra 0 e 12 mesi di vita cresce addirittura al ritmo del 3,2% annuo, dato quest'ultimo certamente non imputabile al loro stile di vita
Alcuni medici italiani (P. Gentilini e C. Panizza) hanno inserito in ExternE i dati 2004/2005 di quello che viene considerato il  "fiore all'occhiello" degli inceneritori, quello di Brescia, e i risultati riferiscono di costi complessivi cagionati alla salute e all'ambiente di poco inferiori a 1,5 milioni di euro l'anno. Da sottolineare, inoltre,  che il progetto ExternE non prende in considerazione taluni inquinanti come le nanopolveri, i cui effetti sono ancora allo studio. Dal 2007 l'Italia vanta il primato europeo per presenza di diossina nell'ambiente. Tra le cause,  l'incenerimento dei rifiuti è secondo solo alle acciaierie. Tutti i processi di combustione sono fonte d'inquinamento, compresi gli impianti a  biomassa vergine, anch'essi incentivati con contributi pubblici attraverso i "certificati verdi".

Breve storia dei CIP6

Nel 1991 l'Italia attraversava un periodo di carenza energetica. Per stimolare la produzione di energia, alternativa a quella fossile, sono stati introdotti i contributi CIP6/92. Tali  fondi sono stati finanziati da tutti i titolari di  utenza elettrica, che si sono visti aumentare l'importo delle bollette di oltre il 7%. Tutti, quindi, abbiamo contribuito a finanziare i CIP/6, ma solo pochiprivilegiati ne hanno beneficiato: tra questi spiccano le raffinerie di petrolio e gli inceneritori di rifiuti. Solo per il 2006 l'importo dei CIP/6 è stato di 3,5 miliardi di euro.  Il decreto 79 del 1999 ha creato il Gestore Servizi Elettrici (GSE) in sostituzione dell’Enel nella gestione della rete elettrica. La Direttiva europea 2001/77 ha poi sancito che i rifiuti non biodegradabili fossero esclusi dagli incentivi. La legge italiana, col decreto 387 del 29/12/2003, non ha però recepito tale Direttiva e di conseguenza l'Europa ha aperto unaprocedura d'infrazione contro l’Italia. La soluzione con lo stopagli incentivi, anche se in parte vanificata da alcune deroghe, è arrivata solo con la finanziaria 2007.
Per questo, e' un nostro diritto chiedere il rimborso dei nostri soldi utilizzati per incentivare attivita' non previste dalle norme europee, dal 2001 ad oggi.

I certificati verdi

Nel 1999 il decreto n°79 ha introdotto anche i certificati verdi,    che sono una modalità di incentivazione diversa dai CIP6. Prevedono che i produttori di energia non rinnovabile siano costretti a produrre una quota di energia rinnovabile pari al 2%. Se il produttore non possiede impianti appositi può comprare un equivalente di energia in certificati verdi, da un produttore che ha impianti per l’energia rinnovabile. La quotazione di questi certificati non è fissata per legge, come accade coi CIP6, ma viene contrattata nella borsa elettrica ospitata telematicamente dal Gestore del Mercato Elettrico (GME). Di fatto i certificati verdi si trasformano in incentivazioni sull’energia prodotta come i CIP6, ma si distribuiscono sull’utente attraverso un aumento del prezzo dell’energia effettuato dal produttore. La particolarità è che il prezzo dei certificati è variabile e sottoposto a regole non facilmente prevedibili. Se nel 2006 il valore del CV ha toccato i 144 euro, attualmente è precipitato sotto i 79 euro.

Gli effetti dei contributi

I contributi finanziari rendono conveniente bruciare plastiche, carta e legno, mentre sarebbe più redditizio, sia dal punto di vista energetico che da quello economico, riciclarli o riutilizzarli. La stessa industria del riciclo ne ha sofferto. Alcune aziende sono costrette a comprare materiale da riciclo all’estero perché in Italia questa materia scarseggia. Tra tutti gli effetti perversi questo è quello che induce più povertà al nostro sistema economico. perché ci priva di molti posti di lavoro che altrimenti sosterrebbero un sistema virtuoso di re­-immissione della materia nel ciclo produttivo. Basti pensare che la plastica si deve avvalere di una diffusa e specifica tecnologia sviluppata localmente, e ciò permetterebbe a molte piccole aziende produttrici di sviluppare anche la parte di riutilizzo della materia raccolta e non bruciata.
Molti credono che la mancata raccolta differenziata sia imputabile alla mancanza di civiltà del cittadino. Questo assunto è però smentito da tutti gli esempi virtuosi che si stanno affermando in Italia. Sono infatti proprio gli incentivi a “convincere” i tecnici provinciali e comunali o i tecnici delle aziende di gestione a modulare il livello di raccolta differenziata a valori bassi. In poche parole, i disservizi sui rifiuti ci vengono fatti pagare due volte: con la bolletta dei rifiuti e con quella dell’elettricità, per continuare ad utilizzare antieconomici impianti di combustione.
L'emblema di questo processo lo troviamo a Brescia dove il più grande inceneritore d’Europa, che riceve incentivi CIP6 per più di 25 milioni di euro all’anno, ha di fatto bloccato la raccolta differenziata al 40%, mentre altre zone che per lungimirante strategia non hanno adottato l’inceneritore, sono prossime all’80%. Oppure in Campania, dove il miraggio di questi incentivi ha indotto gli amministratori locali a lasciare che la raccolta differenziata e la buona gestione dei rifiuti naufragassero in mezzo a mille disservizi, per accumulare carburante nella forma di eco­balle destinate al costruendo inceneritore di Acerra. Le eco-balle, peraltro formate da rifiuti indifferenziati, fuori norma, e quindi nemmeno inceneribili, sono state usate come ipoteca per le banche che sovvenzionano l’impianto. Fortunatamente la magistratura ha sospeso questo scempio, ma la cattiva gestione, frutto di una politica spregiudicata, ha lasciato la regione nelle condizioni che tutti conosciamo.

I retroscena

La pianificazione finanziaria degli inceneritori deve contare su introiti certi, per potersi ripagare. Il certificato verde si è dimostrato inadatto allo scopo, e i grandi impianti di incenerimento hanno subito una battuta d’arresto in tutt’Italia.
Le lobby dell’incenerimento sono però trasversali e pervasive. Citiamo ad esempio l’episodio occorso in fase di votazione dell’emendamento alla finanziaria 2006, che avrebbe dovuto bloccare gli incentivi CIP6 un anno prima di quanto poi avvenuto, in linea con quanto chiede l’Europa. In sede parlamentare ci si accorse che il testo in votazione era difforme da quello concordato e licenziato dalla commissione parlamentare. Ricomparve “e assimilate” vicino alla dicitura “fonti rinnovabili”, e questo, assieme ad alcune deroghe concesse di lì a poco, ebbe l’effetto di non cambiare nulla e di confermare i contributi concessi.
Ora le lobby industriali e impiantistiche sono nuovamente in azione: in parlamento si sono fatte sentire per bocca del ministro dell’ambiente, che ha annunciato di voler ripristinare un meccanismo simile ai CIP6. Al di là della retorica contro i comitati locali che si battono contro l’incenerimento, possiamo leggere il desiderio da parte delle aziende di attendere che la situazione dei contributi trovi una definizione stabile. Ci attendiamo che tra non molto compaia una nuova forma di incentivazione, nascosta per esempio tra le infinite pieghe delle nostre enciclopediche finanziarie.

Difendiamo un nostro diritto

Constatato il fallimento della via politica, non ci resta che ricorrere a quella giudiziaria.
Come cittadine/i, comunità in lotta, comitati spontanei, abbiamo la possibilità di far sentire la nostra voce attraverso una vertenza legale, denunciando il gestore della rete elettrica e intimando la restituzione di ciò che ci è stato sottratto illecitamente con le bollette dal 2001 ad oggi.
Ogni utente, intestatario di una bolletta di energia elettrica, potrà sporgere denuncia con l’aiuto e l’assistenza della nostra Associazione. Verrà rappresentato davanti al giudice della sua città, il quale non potrà che applicare la legge prevalente, ovvero quella comunitaria, e disporre il rimborso di quella parte di bolletta elettrica che è servita per incentivare illegalmente gli impianti di incenerimento.
L’azione potrà assumere una certa rilevanza se le persone che si appellano alla giustizia saranno molte migliaia.

E’ una questione di principio.

Dobbiamo farci sentire, e soprattutto dobbiamo credere nell’importanza del senso politico che questa azione cerca di esprimere:la necessità di porre un freno alla volontà di trasgredire ogni regola per favorire affari privati contro l’interesse dei cittadini.

Chi non esercita un proprio diritto lo perde

Intendiamo muoverci in modo autonomo, fuori da ogni condizionamento ideologico o partitico, con l’obiettivo di far rispettare un diritto acquisito che altrimenti sarebbe ignorato. L’Associazione Diritto al futuroporterà avanti una battaglia legale che ha bisogno del sostegno dei cittadini affinché sia efficace.

Chiediamo indietro i nostri soldi

L'Associazione Diritto al Futuro, che porta avanti la vertenza su tutto il territorio nazionale, si è ufficialmente costituita a Roma l’8 novembre 2008. Ha al suo interno un gruppo di persone attivamente impegnate sul tema dell’incenerimento dei rifiuti, nel Movimento RIFIUTI ZERO e nella promozione dell’Alternativa RIFIUTI ZERO al 2020. Si avvale di un collegio di avvocati che ha preso a cuore la causa, della quale ha valutato nei dettagli ogni aspetto.
Il cittadino che accetta di sostenere questa vertenza, pertanto, non corre nessun rischio. Chiediamo soltanto di contribuire alla causa, con il versamento di una quota di 10 euro - che sarebbe restituita insieme con le cifre recuperate nel caso molto probabile di un esito positivo della vertenza) - e di firmare una delega e il contratto che scarica all’Associazione Diritto al Futuro tutta la responsabilità civile del processo. Le azioni successive saranno gestite direttamente dall’Associazione. Ogni utente di energia elettrica, in regola con i pagamenti verso il GSE (che ha sostituito l’Enel), sporge denuncia per riavere indietro i soldi dirottati verso il finanziamento di energie non rinnovabili. Chi vorra' chiedere il rimborso, deve presentarsi ai punti raccolta adesioni, munito della fotocopia della propria bolletta elettrica e della fotocopia della propria carta di identità. Nei punti raccolta, un nostro incaricato, vi aiutera' a compilare i moduli necessari per la vertenza. Questa operazione deve essere svolta dall'intestatario del contratto di fornitura elettrica. Per il cittadino è l’unica incombenza di tutta l’operazione. La vertenza sarà gestita dall'Associazione tramite il lavoro del Consiglio Direttivo, eletto democraticamente dall'Assemblea dei Soci, e da un Collegio Tecnico di avvocati di cui l'Associazione si è dotata.
Vista la novità di questa azione è difficile delineare un piano dettagliato di ciò che avverrà o prevedere a quale grado di giudizio si approderà, e soprattutto in quanto tempo questo potrà avvenire. Il percorso sarà deciso anche in base al numero adesioni e alle prime risposte da parte della magistratura.

L’Associazione non ha finalità di lucro, per cui ogni euro raccolto sarà utilizzato per la promozione della campagna. I finanziamenti arriveranno anche dalle somme che saranno ottenute a risarcimento nel caso di vittoria nelle cause. L'Associazione tratterrà il 20% di quanto restituito per coprire i costi della vertenza. Il bilancio della campagna, così come tutto il materiale divulgativo e lo stato di avanzamento della vertenza, saranno resi pubblici sul sito.